lunedì 30 giugno 2014

Amore, sono incintO!

In questi giorni mi sono chiesta spesso se mi sarebbe mai salito il desiderio di impantanarmi volontariamente nella vita di un padre, ogni volta mi dicevo che sì, lo avrei fatto, perché io c'ho proprio il piglio di una che se le va a cercare e poi però mi dicevo "lo faccio domani".
Ma dato che i posticipi mi fanno lo stesso effetto della caponata, direi che questa è la mattinata giusta per affrontare la questione.
Quando mi è sorto il dubbio di essere incinta l'ho detto al Papi e, mentre ingoiavo la lingua comodamente seduta sul bidè, lui sorrideva. Io mi lasciavo inondare di terrore e lui continuava a sorridere. Diceva poco, non osava pronunciarsi. Era in attesa e quella di un uomo è una doppia attesa.
Quel barilotto sigillato sotto al mio ombelico lo attirava come una boa in mare aperto. Mi appoggiava la radio sulla pancia. Mi zoomava con la videocamera sul fianco. Ancorava il suo orecchio all'addome e si impegnava in vocalizzi azzardati. Così, quando il Polpetta ha mosso il primo strato di membrane con un calcio, il dialogo tra padre e figlio era già avviato. Tra loro era già comunicazione attiva. Il Papi cantava la sigla di Babar e il Polpetta si alzava in piedi. Il Papi raccontava la storia della Lucertola Berta e il Polpetta si puntellava con i gomiti sul mio rene destro.
L'attesa di un padre ha un qualcosa di misterioso. Loro non ce l'hanno il reflusso gastrico a ricordargli che sono incinti, però ogni sera fissano con ostinazione il tuo profilo e registrano ogni mutazione. Non ci provano neppure a immedesimarsi in quel tuo strano modo di vivere, ma si aggrappano ogni sera alla tua pancia, la abbracciano nel tentativo di allargare i confini di quel loro ventre piatto e muto.
Poi parte il travaglio, parte il dolore, parte la loro dolorosissima partecipazione, perché credo che assistere al dolore di chi amiamo è una dannazione smisurata. Lo dico e lo penso, ma ammetto anche di aver tentato di assassinare il Papi durante tutto il travaglio, ma questa è un'altra storia, CSI ha già chiesto i diritti del mio parto e pertanto non ne parlerò.
E' quando torni a casa che gli ingredienti iniziano a mescolarsi ben bene e l'ingranaggio può incepparsi, qualche volta ci si trova a fare i conti con svariati grumi di cemento solidificato e qualche volta i grumi provi anche a ingoiarli, ma il più delle volte ti fai solo del male. Perché una mamma, una volta a casa, subisce il distacco da quel suo mondo interiore e non la vive sempre bene, dall'altro lato poi c'è un padre che si fa avanti come un bersagliere e prova e riprova ad addormentare il suo cucciolo e il più delle volte non ci riesce, ci rimane male, pensa "e io a che cazzo servo se quello vuole sempre la mamma?" e allora si allontana e poi si riavvicina e poi si riallontana. E così scopre - qualche volta da solo, qualche volta su indicazione - che una convivenza di nove mesi non la debelli in otto settimane. E allora si parcheggiano nuovamente in seconda fila e tornano ad aspettare. Perché se un bambino è stato nove mesi dentro un barattolo di calda essenza materna e poi si ritrova altrove, non si lascia convincere così facilmente che fuori è meglio. Tutto sommato dentro la pancia c'era tutto! La mamma che rideva, parlava, si lamentava, e il papà che rideva, parlava e che poi - quando calava il silenzio - teneva stretto tutti e due, senza perdere mai la presa.
I nove mesi di una mamma si sviluppano piano, in profondità, con mutazioni millimetriche e poi si allargano fuori, sempre più rapidamente, con rivoluzioni apocalittiche. L'attesa di un padre invece ha una durata maggiore, la gravidanza di un padre inizia quando il barattolo si apre ed è un percorso pieno di variabili che nessuno potrà mai risolvere se non sbattendoci dentro il naso.
Il trucco sta nel continuare a stringere quel barattolo, anche se sembra vuoto, anche se alle volte rotola via e sembra non voler tornare più indietro, perché se una mamma dopo il parto diventa l'impronta del figlio, il padre dopo una nascita diventa il contenitore di entrambi e un abbraccio è il prezioso barattolo dentro cui ogni figlio vorrebbe stare.

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