domenica 22 novembre 2015

È (quasi) natale. Cazzo.

Dovevate dirmelo. Era vostro dovere avvisarmi.
Non ho neppure digerito la castagnata dei morti, sto ancora vaneggiando sul dodicesimo mojito di fine agosto e voi non me lo avete detto! Ci sono cose che le madri sono tenute a dire! Non ai figli, no, ma alle altre madri, alle povere primipare, a quelle che non partoriscono sapute e che sono pronte a mungere tette, a palleggiare neonati, ad aspirare muco, ma non lo sanno!

n.o.n.l.o.s.a.n.n.o.

Perchè questa cosa non sta scritta da nessuna parte e poi quelle uniche volte in cui ci si imbatte nell'evento fingi pure di non vederlo e, proprio quando stai per metterti in salvo, decidi di smettere di fingere e ti improvvisi Nostradamus e lo urli ai quattro venti, stracciandoti le vesti, che TU, donna emancipata che si è fumata anche i volantini della coop pur di mostrarsi abbastanza mascolina, non entrerai mai in un negozio di giocattoli il venti di novembre per spendere la tua mensilità in un quintale di plastica e bulloni! Che non ti ridurrai MAI a strusciare dentro il tuo sudario in goretex per pedinare la tizia che si è portata via l'ultimo esemplare di un macrocefalo biondo dall'occhio vitreo! Che non lo farai MAI-MAI-MAI di andare su internet e contattare la peggio gente per acquistare al mercato nero una sorta di minimacchinina guidata da un bulldog con la zeppola!

MAI-MAI-MAI...
...un cazzo!

Lo farai e non sarai cosciente di farlo. Ci andrai in quel dannato superstore e sarà persino in pausa pranzo, convinta di fottere gli altri genitori. Ci andrai! Perchè tuo marito te l'ha ribadito tredici volte la sera prima, e giureresti di averlo sentito blaterare persino nel sonno, che da un rapido consulto dei ventisei volantini appesi in bacheca quello del superstore è il prezzo più conveniente. E accadrà e tu lascerai che accada e ti sentirai persino grata della fatica fatta per sputtanare le tue promesse di indipendenza.
Lo farai e sarà esattamente così...
Ti dirai che è il venti di novembre e che puoi andarci tranquilla al megastore, che i volantini pascolano nelle bussole della posta da una settimanella scarsa e che c'è la crisi, c'è la guerra, c'è la pace, c'è che tutti hanno da dire e fare altro e allora puoi vestirti di campanellini e entrarci scalza in quella corsia di luci e colori perchè tanto niente e nessuno potrà mai castigare il tuo karma.
SQUAT!
Il primo lo fai che neppure te ne accorgi. Ti pieghi, e ti ripieghi, ti bruciano i muscoli ma non lo senti tanta è la concentrazione nel controllare per la trentaduesima volta il doppiofondo degli scaffali. E solo davanti alla commessa che ti darà il sold out, solo allora accuserai il primo tremore, il primo cedimento muscolare.
TLIN!
Il Polpetta è stato chiaro. Questo è il suo primo Natale in stereo e lo ha detto, esplicitamente, senza mangiarsi nessunissima parola: quartier generale! quartier generale!
Eccheè?
Velodicoio! Un ammasso di plastica colorata su cui far scivolare una certa quantità di cagnolini ammaestrati da un bimbominchia munito di iphone8.
Eppure non ce l'ho il cuore per fingere di non aver sentito. Non è più il bambolo mumu di un anno fa e io non posso più dirgli che il legno colorato con il succo di pomodoro è figo da far paura, non posso più fargli credere che i cubetti monocromatici da impilare in tinta con le mie unghie sono la cosa più interessante di questa terra.
OH! OH! OH!
Non posso più imporgli la mia, capite? Ma non dovevo scontrarmi con lui solo a sedici anni per il motorino? Non era questo il primo intoppo tra me il mio giganterrimo amore nei suoi confronti!?

Il punto è un altro però... il venti di novembre il quartier generale è chiaramente ESAURITO
MALEDETTE VOI!
Solo ora vi vedo mentre vi avvicinate allo scaffale della Paw Patrol come delle vietcong addestrate  e controllate la corsia alle vostre spalle e vi lanciate verso l'ultimo residuato bellico di plastica e bulloni! Solo ora vi vedo, mentre ve ne andate sogghignando e vi voltate e mi guardate e pensate poverasfigata.
Ebbene se credete di esservi giocate il nobel per la pace con questo gesto orribile, scordatevelo! Accusato il colpo ho poi sferrato il mio di rimando e ne vado talmente fiera che non ho il coraggio di guardarmi allo specchio, perchè lo so, lo so che c'ho scritto stronza in fronte.

Oggi ho varcato la soglia dell'ennesimo negozio di giocattoli, e no, non cercavo il quartier generale, perchè il Polpetta nel mentre aveva lanciato un altro messaggio subliminale dandomi la salvifica alternativa. Entravo e compravo carta rossa per imballare l'acquisto già fatto altrove e mentre ero in coda alla cassa, mentre guardavo le altre madri che, funamboliche, sostenevano in bilico su un piede solo il peso di dodici puzzle di Violetta, ho notato una giovane donna abbracciata al suo camion bianco e grigio, quello che porta in giro i sette fantomatici cagnolini di cui sopra, quello che io - perlappunto - ho comprato in offerta al megastore dopo essermelo guadagnato a suon di gomitate. Del resto la commessa me l'aveva detto che non poteva garantire un riassortimento e aveva sottolineato che ero stata fortunata ad accaparrarmelo e mi aveva anche saggiamente consigliato di correre dritta alla cassa e di infilarmelo poi sotto il giaccone e di tenermelo stretta alle tette finchè non fossi giunta sana e salva fino alla macchina.

La giovane madre se lo stringeva altrettanto con forza alle sue di tette, guardava il marito e sogghignava un "siamo fortunati! sai, era l'ultimo".
PIT!
Il codice a barre alla cassa sgranava un rosario di 95 euro!
Ok, lo ammetto, stavo per buttarmi come Buffon ai mondiali, ero pronta ad infilarmi tra lei il bancomat, stavo per farlo! Ma poi non l'ho fatto. La mia dea interiore si è svegliata dai postumi dell'ultima sbornia per tirarmi il lobo destro dell'orecchio e sussurrare: perdonala, perchè non sa quello che fa...

Io quel camion, in offerta, al megastore, me lo ero portava via con dei misererrimi 50 euro e questo alle volte si chiama culo. E allora la prima cosa che ho pensato incrociando i gelidi occhi azzurri del babbo natale posto all'uscita del negozio è stata che quello della madre è tanto il mestiere dell'amore quanto il mestiere della stronza.

E questo è il mio primo pensiero natalizio, pensate un po'...

E il vostro? Dai ditemelo, ma toglietevo quel rosa ciclamino che vi imbelletta le gote, tanto lo so che siete stronze pure voi.

Anche a Natale.

martedì 10 novembre 2015

I multipli di uno.


Spiegare a un figlio unico cosa si prova a dividere spazi e crescita (e vita) con un altro figlio unico, non è una cosa facile.
Ecco perchè voto per le famiglie numerose, perchè sono ricche di figli unici che fanno a botte e che alle volte si amano e alle volte si detestano. Fratelli o sorelle che ti obbligano a crescere con un confronto continuo di fastidi e meraviglie, personaggi che ti popolano i paesaggi e ti scartavetrano per bene le emozioni. E così varchi la soglia della fase adulta che ti sei anche un po' già rotto i coglioni, ma in compenso hai un armadio pieno di armi che sai imbracciare e di cui non potrai più fare a meno.

Cos'è una famiglia, mamma?
Me l'ha chiesto ieri il Polpetta.
Tutti grandi domande in casa 'sto periodo, ma tranquilli non siamo fenomeni, è il momento che chiama analisi e alle analisi bisogna rispondere altrimenti ti inceppi, altrimenti ti ammali.
Cos'è una famiglia?
Ho sospirato. Ho sorriso tirandomi fuori i denti e gli ho battuto sul torace con un dito.
È tutto quello che qui dentro fa rumore. Lo senti il rumore, Nic?
Lui mi ha guardata e ha fatto no con la testa. Poi però si è perso dentro un sorriso sghembo, si è spinto in avanti e mi ha baciata.
Quel bacio ha fatto un gran rumore.

Ed è lo stesso rumore che fa il telefono quando riattacco e dall'altra parte c'è mio fratello. Il cuore martella. Stesso ritmo, stessa costanza. Perchè in ogni famiglia c'è sempre qualcuno che prende le sembianze di un boomerang: scompare all'orizzonte e poi ti riappare davanti. E le mie mani si alzano sempre e lo afferrano al volo, proprio non ce la faccio a lasciare la presa. È un impulso che non ha spiegazioni. E tutte le volte il cuore si ribalta e tutte le volte fa sempre quell'identico indefinibile rumore.

Un giorno lo registrerò e ve lo farò sentire, per ora, fidatevi di me che valgo un bel nulla, il suono che sento quando apro la porta a quella testa così diversa dalla mia è sempre lo stesso. Ed è simile ad un vecchio registratore di cassa, quelli che ormai vediamo solo nei film, quelli dove alla fine della moltiplicazione c'è un "plin" che suona e stabilisce il risultato. Un fratello è quella moltiplicazione lì, è il vostro numero che torna, è il singolo che diventa doppio, è un poco che diventa più. Perchè uno per due non fa mai uno, fa sempre due.

E sì, quel bidoncino biondo lassù sono io. E quell'altro spaventapasseri è lui. E forse già la vedevamo, seduti in mezzo a quell'erba secca, con i sassi piantati nel culo e perfetti come non mai, la necessità assurda di far contenti mamma e papà. E già ridevamo di noi, perché se lo provi lo sai che dell'amore la parte più faticosa è la famiglia, e allora ti fai andare bene tutto e impari a diventare un po' l'uno e un po' l'altro. 

E io sarò sempre un po' lui e lui sarà sempre un po' me.