Forte. Ti dicono che devi essere forte, ma non ti insegnano
il dolore. E allora cresci educato, ma scoperto. Il pianto non conosce
dignità, le ferite non si rimarginano subito, alcune non si chiudono affatto.
Sono stata educata a non considerare il male e il capro espiatorio era sempre
il buon cuore di chi mi stava a guardare. Poi ho avuto un figlio e mi hanno
detto che non mi potevo più pulire gli occhi, che i fazzoletti erano per il
moccio al naso, il suo, e che io - la mamma - dovevo ripiegare sulla
plastica di un sorriso perenne.
Sono stata rammendata tante volte e a forza di tenerlo dentro - il pianto - mi si è deformata la faccia. La mandibola è massiccia, le rughe sono diventate profonde. Mio figlio sa esattamente quando sto per piangere anche se non lo faccio. Si avvicina e mi pianta il naso sotto il mento, con la mano destra mi tiene l'orecchio destro e restiamo così, in silenzio, per un po'. Qualche volta piango io, qualche volta piange lui. E non siamo soli, mai.
L'immagine sopra è tratta dal libro Perché piangi, mamma? - Emme Edizioni.